Zerocalcare a Lione risponde agli ascoltatori di Radio Fuori Campo
Michele Rech è un ragazzo molto alla mano: di quelli che non ti aspetti, se pensi a quanto in alto siano arrivati. Lo incontri e se ne sta lì, con le mani in tasca e le spalle al muro, come un mortale qualsiasi. Ti sembra quasi di conoscerlo da anni: una specie di amico d’infanzia, o il personaggio di un libro con il quale sei diventato grande.
Sarà perché ti ha fatto compagnia per ore con i suoi fumetti; sarà perché lo hai fatto entrare in casa tua dal televisore, ma le interviste di Zerocalcare, così come le sue opere, lasciano un sapore tanto godibile quanto inatteso. Trasmettono, non so, una sensazione di confidenza. “Posso chiamarla Zero?”. “Va bene anche Michele: chiamami come vuoi, basta che mi dai del tu“.
In questi giorni all’estero, lo abbiamo raggiunto per Radio Fuori Campo a Lione, in occasione della 17a edizione del BD Festival. L’artista, ospite dell’Istituto Italiano di Cultura, ha inaugurato la mostra Da Rebibbia a Kobane. “La prima fase – ci spiega – è divisa tra l’Istituto di Cultura e la Fnac, ma poi le tavole saranno portate all’Istituto e vi resteranno fino ad agosto…“.
Lunghe file di fan e curiosi, non solo italiani, lo attendono ad ogni incontro col pubblico. Perché Zero – pardon, Michele – ha venduto milioni di copie nel mondo ed è amatissimo anche in Francia, un paese con il quale ha un rapporto speciale. “Nella mia vita ho fatto dei passaggi tra Parigi e Nizza. La città di mia madre – ricorda – è proprio vicino a Nizza: lì sono stato un pochetto di più. In realtà, però, ho sempre vissuto a Rebibbia sin da quando avevo due mesi e mezzo…“.
A chi – come Antonio – gli chiede “cosa diresti agli italiani che sono andati all’estero e, soprattutto, cosa direbbe loro l’Armadillo?”, risponde sornione:
“In verità, io ho un rapporto che è cambiato tanto, e di cui mi vergogno un po’, con chi è andato fuori. Nel senso che, per moltissimo tempo, a chi ha lasciato Roma ho fatto proprio la guerra. Gli dicevo: ‘Se te ne vai, nessuno se ricorderà più de te…’. E invece, vedendo che chi è rimasto a Roma sta ancora annaspando; io che li guardo da una posizione super privilegiata, da persona che ora ha molto meno problemi di prima, non mi sento di dire niente a chi ha pensato di andarsene. Anzi, mi vergogno molto d’aver rotto il ca… alle persone, in passato. L’Armadillo che gli direbbe? Non lo so, credo che su ‘sta roba segue un po’ me: prima sarebbe stato molto più tranchant; adesso, forse, per pudore, è meglio se sta zitto“.
Curiosa la domanda di un altro radioascoltatore, Luca: “Probabilmente, tutti ti dicono che vorrebbero diventare come te… Ma se io volessi diventare come l’Armadillo, cosa dovrei fare?“
“Beh – replica divertito – devi fare tutto il contrario di quello che faccio io, nel senso che l’Armadillo è la parte della mia coscienza che dice le cose che io non riesco a dire e suggerisce le cose che io non riesco a fare. Forse, dovresti guardare più a Valerio Mastandrea che a me (ride, ndr)“.
Raffaella, senza timori, gli muove una critica scherzosa: “Come si permette di scrivere su Facebook che ‘tanto a Lione non c’è nessuno’?”
“Io non ho mai tempo – dice Michele, commentando un suo post dei giorni scorsi – e mi sembra sempre molto strano, quando vado all’estero, che ci siano così tanti italiani, perché non capisco dove stanno. Non me li riesco mai a figurare… Io sono una persona che non c’ha mai vissuto, all’estero, quindi non ho idea delle comunità italiane e del perché dovrebbero venire a sentire proprio me, quando sto in zona“.
Manuel, fan del mondo Fantasy, lo spiazza: “Se fossi un personaggio del Trono di Spade, di Dragon Ball o di Star Wars, chi saresti?”
“Oddio… Di Dragon Ball, mi piacerebbe… Tra ambizione e lucidità, vorrei essere Yamcha, che nel cartone viene chiamato Yanko: quello che muore più o meno subito ma, sotto sotto, gli vogliono bene tutti“.
Altra domanda, questa volta da Rosaria: “Adesso che sei diventato così famoso, ti senti ancora, ogni tanto, un filo d’erba?”
“Me lo devo ripetere… ‘Sta roba di ‘così famoso’ è sempre da contestualizzare all’interno del fumetto e dell’animazione. Cioè, parliamo di un sedicesimo delle cose per cui le persone veramente famose so’ famose. Io, in realtà, non mi sento mai un filo d’erba, manco quando stavo alle elementari a 8 anni: pure allora me sentivo tutto il peso del mondo addosso e, sicuramente, questo tipo di lavoro non è che mi aiuta da questo punto di vista… Penso che, tra tutti i mestieri che potevo fare per curare un po’ le mie ansie e le mie angosce, questo è quello peggio“.
A proposito di elementari, Giovanni chiede: “Hai più sentito la Mazzetti? Se le potessi parlare oggi, cosa le diresti?”
“Purtroppo è morta… Mi ha scritto il nipote, indignato per la maniera in cui ho trattato la nonna. Quindi, potendo, direi: scusa“.
Alessandro viene da Napoli e vuole sapere: “Da romano, cosa pensi di Napoli e dei napoletani?”.
“A me – ci confessa Zerocalcare – Napoli piace un botto, come città. Già una città in cui, tutto sommato, non si sono mai riusciti ad affermare i nazisti… E’ un gigantesco pregio. E’ una città che è stata sempre aperta, inclusiva… Lì ci sono tutte quelle storture orribili che, purtroppo, sono arrivate anche a Roma ma contro cui Napoli ha un po’ gli anticorpi. Ci sono mille motivi per cui non ci abiterei, oggettivamente; ma non è che non abiterei a Napoli, è che non abiterei in nessuna città diversa da Roma e in nessun quartiere che non fosse Rebibbia. Però Napoli mi piace tanto“.
Proprio nel capoluogo campano, solo qualche mese fa, ha presentato la sua opera ‘Strati’. “Strati è il fumetto sulla morte di Ugo Russo, un ragazzino minorenne ucciso con tre colpi di pistola mentre rapinava un carabiniere in borghese con una pistola giocattolo. In realtà, quell’esperienza lì mi ha permesso di parlare con un sacco di napoletani e di parlare di idee diverse. Insomma, mi ha dato accesso ad un altro pezzo di città con cui non avevo mai parlato prima“.
E’ il turno di Marco, appassionato di serie tv, che cita una sua battuta: “Qual è stata la scelta più ‘solenne’ che hai fatto nella tua vita?”
“E che ne so, boh (ride). Di scelte solenni, ne ho fatte abbastanza… Parlando del mio lavoro, anche la scelta di fare una cosa su Netflix è stata molto combattuta: ci ho dovuto ragionare e mi ci sono spaccato tanto il cervello, prima di accettarla“.
A proposito di Strappare lungo i bordi, Marika ha un messaggio: “Grazie, Zero: con la tua serie ci hai insegnato il coraggio di essere vulnerabili. Con il tuo insegnamento, ho capito che basta sapersi prendere con ironia”. E’ proprio questo, in fondo, il messaggio che l’artista vuole lanciare ai giovani:
“Sì. Diciamo che, per me, l’ironia è una chiave per evitare di essere deriso dagli altri. Se tu per primo ridi delle tue fragilità, in qualche modo disinneschi le prese per culo degli altri. E’ un’azione che io ho imparato tardi ma che, credetemi, bisogna sempre tener presente. Poi, boh, non è che io sia chissà chi per fare da esempio agli altri… Non posso insegnare la vita a nessuno, sono un disastro: tolte le questioni lavorative, io davvero sto allo sbando“.
E’ il turno del radioascoltatore Francesco: “Qualcuno dice che odi il calcio: ma è vero? Allora non tifi per la Roma? Nella serie e non solo, fai tanti riferimenti a questo sport”.
“Non è vero che odio il calcio: non so da dove viene ‘sta cosa… Non sto in fissa, però non lo odio. Ho il divieto assoluto di nominare quella squadra (la Roma), perché mi dicono che tutte le volte che la nomino, prende un gol. Quindi… Il campionato è finito? Però potrebbero accollarmi qualche infortunio… Guarda, onestamente, meglio evitare. Ho addirittura il divieto di fare presentazioni nelle città in cui gioca quella squadra lo stesso giorno… Pensa che mi mandano a vedere i derby a casa dei laziali: ho detto tutto“.
Giulio rilancia: “Sei contento che la Roma abbia vinto la Conference League? Chi non l’ha vinta, come De Laurentiis, dice che è una coppa che non esiste”.
“Ma guarda – ribatte – sarei ridicolo ad addentrarmi in discussioni calcistiche di questo tipo, perché non mi appartengono. Paradossalmente, mi appartengono di più i discorsi sul tifo, perché, quando abiti in una città come Roma, conosci tanta gente che tifa e che va in curva… Mi appassiona di più chi s’è menato con chi che non chi ha vinto cosa. Sarei grottesco, se rispondessi altro“.
Chiudiamo con la domanda più attesa: “Strappare lungo i bordi avrà un seguito? Ci sarà una seconda stagione o Netflix manderà in onda un tuo lavoro tutto nuovo?”
“Ci sarà una serie diversa – ammette Zerocalcare ai nostri microfoni – e non ci sarà ‘Strappare lungo i bordi 2′, nel senso che quella storia è conclusa, finita: era quella e non avrà un seguito. Io la concepisco un po’ come i libri: uno fa un altro libro, magari con i personaggi che in parte sono anche gli stessi, ma con un altro titolo e tutta un’altra storia. Insomma, una cosa diversa“.
“Quindi, dobbiamo aspettarci un capitolo molto differente”.
“Sì. Oggettivamente, super super differente: sia nel formato sia nel tema“.
E per quando dobbiamo aspettarcelo?
“Penso che Netflix fucila la mia famiglia, se mi sbilancio su questa roba“.-
Infine, una richiesta speciale di una radioascoltatrice, Iryna: “Sono una grande fan di Zerocalcare e sono una rifugiata ucraina: potrebbe mandarmi un saluto, un messaggio?”.
“Ciao, Iryna. Mi sento schiacciato, di fronte a questa tragedia… Non so che messaggio posso mandare, che tipo di influenza può avere ciò che dico io da qua… Quello che spero, rispetto a tutta la questione dei rifugiati e di chi scappa, è che non scemi l’attenzione, nel senso che c’è stato un momento di super accoglienza in cui sembrava che tutto l’occidente si facesse carico della situazione, ma poi sappiamo come, appena i riflettori si cominciano a spegnere, diventi molto più difficile tenere alta l’attenzione e mantenere alto l’impegno. Ecco, spero che ‘sta roba non venga meno” ha chiosato Michele.
Si conclude qui la nostra intervista a Zerocalcare, che ringraziamo vivamente per la disponibilità. Un ringraziamento particolare anche all’Istituto di Cultura di Lione, che ha reso possibile questa piacevole chiacchierata, e a Paolino Tona e Caterina Donini per la foto.
Gianluca Vitale
Commissione Comunicazione